Il Vescovo Alberto al precetto Natalizio delle Forze Armate e della Polizia: Stanchi e senza indugio


In preparazione del S. Natale, l’Arcivescovo di Crotone-Santa Severina, Mons. Alberto Torriani, nella chiesa di San Paolo a Crotone, ha celebrato la Santa Messa del precetto natalizio alla presenza di numerose autorità civili e militari appartenenti ai vari Corpi di polizia e delle Forze Armate. L’alto prelato, nella sua omelia, si è soffermato sulla parola “stanchezza”, più volte citata nella prima lettura e nel Vangelo, vocabolo che di solito riguarda la vita di ogni essere umano. A tal proposito, Mons. Torriani, ha inteso suggerire ai presenti tre passaggi per riflettere sulla parola stanchezza:

1) La stanchezza che tutti conosciamo e che non si può dire ad alta voce, riferendosi alle parole del profeta Isaia: ”la mia vita è nascosta il mio diritto è trascurato dal mio Dio?”. Talvolta si ha l’impressione che l’impegno quotidiano profuso da ognuno di noi non conti o non sia affatto riconosciuto. È una stanchezza non solo fisica, ma morale riconducibile a tanti fattori come i turni massacranti, il lavoro notturno, le emergenze improvvise, la scarsità di mezzi per far fronte a situazioni complesse. Stanchezza è anche il non riconoscimento dei ruoli, quando l’opinione pubblica vede solo gli errori e non il bene quotidiano che, in silenzio, garantisce sicurezza, ordine e tutela del bene comune. Stanchezza è andare a casa con negli occhi il volto di chi soffre, la scena di un incidente, di una violenza sedata o di tanti cruenti accadimenti. Ci sono fatiche che si possono raccontare e fatiche che si portano dentro in silenzio, per pudore, per senso del dovere, per non appesantire la famiglia. Il profeta Isaia dà un nome a tutto questo e lo porta davanti a Dio: non lo nega, non lo censura, lo mette alla luce.

2) La forza per superare gli ostacoli viene da Dio che ci illumina ad andare avanti.  “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro… Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero” - dice Gesù, invitandoci a non vergognarsi della propria stanchezza. Il vostro “giogo” ha un nome tangibile: la Costituzione, le leggi, il giuramento di fedeltà alla Repubblica, il dovere di proteggere i più deboli, di garantire la convivenza civile. È un giogo responsabile, che segna la vita. Il Signore non toglie questo giogo, non vi esonera dalla vostra responsabilità, lo sopporta insieme a voi.

3) Il Natale ci porta un’altra immagine: quella dei pastori che “di notte, facevano la guardia al gregge” come dice il Vangelo che ascolteremo nel giorno di Natale. I pastori, gente umile, povera, che nonostante la stanchezza, a turno, guardano le loro pecore mentre gli altri dormono. Questo trova assonanza con il vostro lavoro che vi induce spesso ad essere impegnati di giorno e di notte, nelle feste e nei giorni feriali, quando gli altri sono a tavola o in famiglia. A un certo punto, si legge nel Vangelo, arriva un annuncio: «Oggi è nato per voi un Salvatore… troverete un bambino avvolto in fasce», aggiungendo una frase determinante: “Andarono, senza indugio, e trovarono Maria, Giuseppe e il bambino”. I pastori, stanchi e senza indugio, non hanno smesso di essere stanchi, ma hanno avuto un valido motivo per alzarsi e mettersi in cammino poiché qualcuno veniva per loro e li aspettava. In questo si rispecchia la vostra quotidiana vita lavorativa attraverso l’intervento immediato quando c’è una vita da salvare, un ordine pubblico da garantire, un’emergenza particolare, nonostante ci si sente affaticati o non sufficientemente supportati. Per noi credenti Betlemme è Cristo, il Figlio di Dio che entra nella storia dalla parte dei piccoli e degli indifesi. Per voi, servitori dello Stato, Betlemme è anche il volto tangibile del cittadino: il volto della persona da proteggere; del fragile da difendere; della comunità da custodire; del territorio da presidiare perché si possa vivere in tranquillità.

4) Per questo Natale, L’Arcivescovo ha voluto lasciare tre inviti semplici, da portare nel cuore:

Non abbiate paura di menzionare la vostra stanchezza davanti a Dio. Non è segno di debolezza, ma di verità. Nella preghiera si può dire: “Signore, oggi sono stanco, non ce la faccio più, mi sembra di non essere capito, i mezzi sono pochi, la responsabilità è grande”. Isaia ci ricorda che Dio non si scandalizza di queste parole: è proprio lì che dà forza allo stanco;

Lasciati raggiungere dal giogo di Cristo. Il tuo giogo la divisa, il ruolo, la responsabilità non è tolto, ma illuminato. Chiedi al Signore di portarlo con te: di darti mitezza quando la tensione sale, pazienza quando prevale la burocrazia, sapienza quando le decisioni sono delicate, umanità anche verso chi sbaglia.

Ripartire, come i pastori, “senza indugio”, ma con un cuore nuovo. Tornare nei tuoi luoghi di servizio caserme, pattuglie, porti, aeroporti, strade, cieli, mare, con la consapevolezza di essere, nella società, artigiano di pace e custode del bene comune. Il tuo passo deciso, il tuo “senza indugio” può essere un riflesso del passo di Dio che non si stanca di andare incontro all’umanità.

Al termine della Santa Messa, Mons. Alberto Torriani ha concluso affidando al Signore tutti i presenti, le rispettive famiglie, i loro colleghi, coloro che nel servizio hanno pagato con la vita e chi porta nel corpo e nel cuore le ferite del proprio lavoro. Ha pregato Maria, Madre di Dio e Regina della pace, affinché tenga sotto il suo manto in questo Natale e in ogni giorno il loro cammino.