Tra fede e musica: il Giubileo dei cori a Roma


Il 22 e 23 novembre Roma ha ospitato il Giubileo dei Cori e delle Corali, promosso dal Dicastero per l’Evangelizzazione. Questo grande evento ha radunato migliaia di coristi da tutto il mondo. È stato un incontro dal profondo significato spirituale e culturale, perché ha saputo unire la dimensione liturgica e quella musicale. Al Giubileo hanno preso parte circa cento cori. Dalla nostra Diocesi di Crotone-Santa Severina erano presenti i cori Parrocchiali di Rocca di Neto, Belvedere Spinello, Crotone Parrocchia San Dionigi e Cutro S.S. Crocifisso. Il pellegrinaggio è iniziato sabato 22 novembre, alle 10, con l’udienza giubilare del Papa in piazza San Pietro, al termine della quale c’è stata la possibilità di attraversare la Porta Santa della Basilica Vaticana. Introducendo l’udienza giubilare in Piazza San Pietro, Papa Leone XIV ha sottolineato l’importanza del momento in cui si decide di partecipare ad un pellegrinaggio: c’è qualcosa che ci muove dentro e accende il desiderio. “Gesù è venuto a portare il fuoco dell’amore di Dio”, ha affermato il Santo Padre: un fuoco che ci toglie la pace, se per questa intendiamo la calma inerte, ma che ci chiede di prendere posizione. È un invito a decidere da che parte stare davanti alle ingiustizie, alle diseguaglianze, alla dignità umana calpestata, come ha fatto Dorothy Day, che ha reso il Vangelo una prassi concreta. Nel pomeriggio, dalle 14 alle 17, sono stati previsti i pellegrinaggi alle Porte Sante di San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore, con la possibilità di ricevere il Sacramento della Riconciliazione nelle chiese giubilari. Abbiamo vissuto un’emozione particolarmente intensa durante la visita a Santa Maria Maggiore davanti la tomba di Papa Francesco, che il nostro gruppo ha compiuto al mattino: quel sepolcro così spoglio ci invita alla semplicità che limita l’ego e si fonde con la Chiesa universale, come in un coro, dove le singole voci si intrecciano in un suono più grande e ricco. Il pellegrinaggio verso la Porta Santa al pomeriggio è stato uno dei gesti simbolici più intensi del Giubileo. Passare la Porta Santa significa compiere un percorso interiore di conversione: si entra nella dimensione della riconciliazione e del perdono. E poco importa se le file diventano troppo lunghe o se fedeli animati da eccessivo ardore spingono o se la stanchezza comincia a farsi sentire: tutto diventa segno visibile di uno spirito profondamente rinnovato. Il tema del cammino del corpo unito al canto come espressione di fede ha rafforzato il senso del pellegrinaggio. La musica fa risuonare il Vangelo attraverso le voci e per questo diventa strumento di comunione. Questo tema è stato ribadito anche da Papa Leone XIV durante la celebrazione del giorno dopo. Domenica 23 novembre alle 10.30, tutti i pellegrini hanno partecipato alla Santa Messa presieduta dal Santo Padre in Piazza San Pietro. Il Santo Padre non ha nascosto difficoltà e prove che sorgono nella vita di un coro: non mancano le incomprensioni e le tensioni, ma nonostante le “stonature” il canto riesce a rendere più leggero il cammino e ad armonizzare le dissonanze, perché niente, come la musica e il canto, sa dare voce ai sentimenti umani, dal dolore all’amore, dalla tristezza alla tenerezza, dalla malinconia alla gioia. Inoltre, ha esortato a stare lontani dalla tentazione dell’esibizione fine a sé stessa, che esclude la partecipazione dei fedeli e non coinvolge il popolo di Dio. Al termine della celebrazione eucaristica, Papa Prevost ha salutato le corali e i cori venuti da ogni parte del mondo. Prima della recita dell'Angelus, ha rivolto il suo pensiero ai sacerdoti, ai fedeli e agli studenti rapiti in Nigeria e in Camerun chiedendo la loro liberazione e ha abbracciato spiritualmente i giovani che nelle diocesi di tutto il mondo hanno celebrato la Giornata Mondiale della Gioventù. Dopo aver ultimato la preghiera alla Madre di Dio, il Papa ha fatto un bagno di folla, raggiungendo con la sua jeep bianca i fedeli radunati in piazza San Pietro, fermandosi a benedire tanti bambini e a salutare gruppi e pellegrini che gli hanno consegnato doni e regali. Questo Giubileo dei Cori è stata un’occasione di unità universale: cantori da tutto il mondo si sono incontrati a Roma per condividere non solo il canto ma anche la fede. Il ruolo della musica come linguaggio capace di unire è stato sottolineato dal motto “Pellegrini di speranza”: il pellegrinaggio e il canto si sono fuse, richiamando il tema giubilare della speranza. È stata, anche, una dimostrazione di musica sacra arrivata “dal basso”: il fatto che i cori cantino in tantissime chiese dimostra come la coralità coinvolga la comunità parrocchiale nella sua interezza. Per un semplice pellegrino, il Giubileo è stato un momento di preghiera condivisa e di intimità profonda. In questi due giorni le strade di Roma, in cui hanno risuonato voci e accenti così diversi, hanno fatto da sfondo alle nostre attese, al nostro stupore, alle nostre risate. Abbiamo messo da parte i rumori della quotidianità e fatto posto alla commozione e all’appartenenza. Siamo stati accesi dalle parole del Papa, che con accurata precisione hanno toccato le corde profonde del cuore e della voce, è il caso di dire, di chi offre servizio in una corale. E tornando a casa, ci ha accompagnato la consapevolezza che l’incontro e la bellezza della fede vissuta insieme non ci eviterà i contrasti o le divergenze, ma che rafforzerà la grazia del nostro camminare insieme.