Crotone, celebrato il terzo anniversario dell'ordinazione episcopale di mons. Panzetta


Si è svolta, nel pomeriggio del 27 dicembre, all’interno della Basilica Cattedrale di Crotone, la celebrazione per festeggiare i tre anni dall’ordinazione episcopale di Mons. Angelo Raffaele Panzetta.

Alla liturgia eucaristica, oltre al clero crotonese, ai diaconi e ai seminaristi, erano anche presenti il presidente della Pontificia accademia di teologia Mons. Antonio Staglianò ed il vescovo di Lamezia Terme Mons. Serafino Parisi.

L’arcivescovo di Crotone – Santa Severina, nel corso della sua omelia, che ha iniziato esprimendo grande gioia e felicità per la presenza di tutti, ha detto che il rodaggio dopo i primi tre anni di ministero è concluso ed ora, sperando che la fine della pandemia renda il tutto un po’ più semplice, è arrivato il momento di “camminare speditamente nella via che il Signore indica”.

Rileggendo il brano del Vangelo proclamato, Mons. Panzetta ha spiegato quali dovrebbero essere le tre direttrici da seguire per continuare a camminare: “tre indicazioni di salvezza per la nostra comunità”.

Centrale nella vita di ogni battezzato, non solo del vescovo, del clero o dei consacrati, è la bellezza della testimonianza di chi incarna il messaggio cristiano.

Per aprire bocca, il popolo di Dio ha bisogno di aver ascoltato, visto, toccato e contemplato la vita eterne che si è fatta carne e luce per goni uomo.

Il cristianesimo, non è una filosofia oppure un’etica, ha rimarcato a più riprese Mons. Panzetta, ma è quell’esperienza del toccare il verbo della vita. Se non si fa esperienza di questa vita eterna l’annunzio cristiano non fiorisce e non è autorevole. È tutta la comunità cristiana ad essere chiamata in causa; se non si facesse esperienza di questo si rischierebbe di parlare di ciò che non conosce.

Per poter parlare alle donne e agli uomini del nostro tempo abbiamo bisogno di autorevolezza; di chi parla perché ha conosciuto, di chi testimonia perché ha vissuto.

Vi è poi la necessità di essere testimoni del “mistero pasquale”. Quella tomba è vuota perché il Signore ha sconfitto la morte. Il mistero pasquale è qualcosa nel quel bisogna entrare, non ne si può parlare parlarne soltanto per sentito dire, ma serve un’esperienza concreta.

Noi siamo segno di morte e resurrezione del Signore, segno della speranza pasquale del Signore. E in questo territorio, messo all’ultimo posto in tutte le classifiche, c’è bisogno di guardare al futuro in modo costruttivo.  Sporcarci le mani in questa storia, entrare in questo contesto in cui siamo posti, dove ognuno deve fare il proprio perché tutto fiorisca.

In conclusione l’Arcivescovo ha voluto sottolineare l’importanza di come questo cammino sia possibile solamente seguendo le orme di Pietro. Si può camminare dentro il mistero pasquale e lo si deve fare con docilità, trasformando questo nel paradigma di riferimento per il nostro itinerario, perché riconosciamo nel ministero petrino un’autorità.