Crotone celebra la chiusura dell’Anno Giubilare: “Ancorati a Cristo, pellegrini di speranza”.


Si è svolta nella parrocchia Santa Maria Madre della Chiesa di Crotone la celebrazione diocesana di chiusura dell’Anno Giubilare, vissuta nella cornice liturgica della Festa della Santa Famiglia. Un momento intenso e partecipato che ha riunito la comunità ecclesiale attorno a un cammino spirituale vissuto nei mesi passati e lo ha riconsegnato alla vita quotidiana delle persone, delle famiglie e delle comunità, come impegno concreto di speranza.

Durante l’omelia, il Vescovo Alberto ha offerto una riflessione profonda a partire dalla lettera ai Colossesi: «Rivestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mitezza, di pazienza… e la pace di Cristo regni nei vostri cuori». Un invito, ha spiegato, che non è riservato a pochi ma rivolto a ogni credente nella normalità della vita di ogni giorno. Un gesto quotidiano che ha un rimando ad un verbo semplice e concreto: rivestire.  Come ci si veste ogni mattina con l’abito cosi bisogna “rivestirsi di Cristo”, soprattutto quando le relazioni si fanno faticose e la vita sembra sfilacciarsi. La pace di Cristo, è stato ricordato, non coincide con l’assenza di conflitti, ma è una presenza capace di tenere unito ciò che rischia di spezzarsi.

Le chiese giubilari: luoghi di sosta e di verità

Il Vescovo ha ricordato come, in questi mesi, le chiese giubilari siano state per molti fedeli luoghi di preghiera, riconciliazione e ripartenza. Non semplici mete da visitare, ma spazi in cui fermarsi, pregare, riconciliarsi e ricominciare. C’è chi è tornato dopo tanto tempo, chi ha varcato la soglia per la prima volta, chi ha vissuto un passaggio silenzioso ma carico di significato, in cui rimettere la propria vita davanti a Dio. “In quei luoghi – ha detto – molti hanno potuto re-incontrare e dire al Signore: Eccomi, sono qui, così come sono”.

Giuseppe, modello di fiducia e custodia

Il Vangelo, proclamato nella celebrazione, ha offerto l’immagine di Giuseppe che “si alza, prende con sé il bambino e sua madre” prima fuggendo in Egitto, terra di rifugio e di attesa, poi rientrando nella terra d’Israele, luogo delle responsabilità e della quotidianità. Un gesto semplice e radicale, che diventa icona di un cammino: custodire ciò che conta, anche quando il futuro non offre garanzie.

Un’immagine che ha aiutato a comprendere il senso del Giubileo, come sottolineato dal Vescovo: esso è stato per molti un “tempo di Egitto”, un tempo per fermarsi, respirare, lasciarsi custodire ma non una parentesi destinata a durare per sempre. Con la chiusura dell’Anno Santo si è chiamati a rientrare nella “terra ordinaria” della vita, portando con sé ciò che abbiamo custodito:” la pace ricevuta, il perdono sperimentato e la speranza riaccesa”.

Pellegrini di speranza in un tempo di cambiamenti

Il titolo dell’Anno Santo – Pellegrini di speranza – ha accompagnato la riflessione sulla forza mite e tenace che nasce dall’essere ancorati a Cristo. Non si è viandanti dell’emergenza bensì uomini e donne che camminano, faticosamente, senza perdere la direzione. L’immagine dell’àncora, presente nel simbolo giubilare, richiama una fede che non elimina le tempeste, ma impedisce di andare alla deriva, anche nei momenti più complessi della storia personale e collettiva.

“Le onde restano, il vento soffia, ma la nave tiene”. L’immagine rimanda ad una domanda personale e seria: “a cosa siamo stati ancorati in questo tempo? Alle insicurezze, alle paure, alle abitudini o alla speranza della Grazia quella che lega a Cristo, quella che ci permette di “attraversare peccato, paura e morte senza essere schiacciati”. La speranza cristiana, ci ricorda il Giubileo, non è legata alle soddisfazioni quotidiane o riduce la vita all’immediato, ma ricorda che la meta è il “Cielo”: la vita in Dio, iniziata e non compiuta, non il successo, il consenso o l’efficienza.

Non sono mancati riferimenti ai passaggi significativi che hanno segnato questo tempo per la Chiesa universale e locale. Durante l’Anno Santo, la comunità ecclesiale ha affidato al mistero del Cristo Risorto Papa Francesco, ringraziando per una vita spesa al servizio del Vangelo della misericordia, e ha accolto Papa Leone come nuovo successore di Pietro, chiamato a guidare la Chiesa in una stagione nuova. Anche la Diocesi ha vissuto un tempo di rinnovamento, un nuovo inizio segno che “la speranza - ha affermato - non nasce dalla stabilità delle persone, ma dalla fedeltà di Dio che accompagna ogni passaggio”. La Chiesa non “si fonda su chi resta, ma su Colui che resta per sempre”.

Una speranza che diventa stile di vita

Con la chiusura ufficiale del Giubileo, le porte simboliche si richiudono, ma la speranza resta aperta e non rinchiusa nei luoghi giubilari. La speranza ricevuta chiede ora di diventare stile di vita, responsabilità e testimonianza concreta nelle famiglie, nelle comunità, nelle relazioni ferite, nei luoghi di lavoro e di studio, nella vita sociale. “Una speranza che si traduce in misericordia concreta, pazienza operosa e perdono possibile”.

“Se la nostra vita – ha concluso il Vescovo – saprà dire a qualcuno: Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore, allora il Giubileo continuerà a portare frutto”.

La celebrazione di Crotone ha segnato così non un punto di arrivo, ma un nuovo inizio: quello di una comunità chiamata a continuare il cammino, ancorata a Cristo, entrando con passo umile e fiducioso nella terra che le è affidata, senza perdere la meta e senza lasciare indietro nessuno.