Anche quest’anno, a causa della chiusura per restauro della Basilica Cattedrale di Crotone, è stata la Concattedrale di Sant’Anastasia, situata nello splendido borgo di Santa Severina, ad accogliere la Messa Crismale. Questa solenne concelebrazione introduce la comunità cristiana al cuore dell’anno liturgico, ossia il Triduo Pasquale.
L’intero presbiterio diocesano, arricchito dalla presenza di numerosi sacerdoti ospiti provenienti da diverse parrocchie per supportare le celebrazioni pasquali, si è radunato nella navata centrale dell’antica e suggestiva chiesa di Santa Severina.
Per la prima volta, l’arcivescovo di Crotone-Santa Severina, monsignor Alberto Torriani, ha presieduto questa significativa celebrazione. Durante il rito, ha benedetto gli oli sacri: l’olio degli infermi, destinato al sacramento dell’unzione degli infermi, e l’olio dei catecumeni, impiegato nella celebrazione dei battesimi. Inoltre, ha consacrato il sacro crisma, una preziosa mistura di olio e balsamo profumato utilizzata per l’unzione dei battezzati e nella consacrazione dei vescovi e dei presbiteri.
Come è tradizione in questa celebrazione, l’omelia dell’arcivescovo ha avuto come tema centrale il sacerdozio di Gesù Cristo, l’Unto del Signore, inviato per rivelare al mondo l’amore misericordioso di Dio. A questo sacerdozio partecipano tutti i battezzati, chiamati a testimoniare con la propria vita il messaggio del Vangelo. Un ruolo particolare è affidato ai ministri ordinati – vescovi e presbiteri – chiamati a servire l’intera comunità cristiana mediante il ministero della Parola, dell’Eucaristia e della comunione ecclesiale.
«Siamo qui come presbiteri, uniti nel crisma che ci ha consacrati», ha affermato l’Arcivescovo, sottolineando che il sacerdozio «non è un ministero solitario, non è una funzione da eseguire, ma un dono ricevuto insieme, una chiamata condivisa, è olio prezioso versato sul capo e che scende sull’orlo della veste».
Monsignor Torriani ha voluto declinare nuovamente in cinque verbi con cui si è presentato alla diocesi nella celebrazione del suo ingresso, lo scorso 30 marzo.
Il verbo vedere assume una rilevanza particolare: «Vedere è la prima forma di amore», ha dichiarato Monsignor Torriani. «Significa guardare le persone e non i numeri, vedere i volti e non solo i ruoli, considerare i poveri non come destinatari di gesti, ma come compagni di strada e rivelatori del Regno».
Sul compatire, l’Arcivescovo ha spiegato: «Compatire è la vera grammatica della prossimità. Il sacerdote, il consacrato è un uomo attraversato dalle ferite proprie e da quelle della comunità, capace di abitarle e stare sotto la croce senza voltare lo sguardo altrove». Una compassione che deve animare la fraternità sacerdotale stessa, evitando il rischio di «diventare burocrati della grazia».
Accogliere, ha continuato, significa «liberare, restituire spazio, rimettere in piedi». Secondo l’Arcivescovo, «le nostre comunità hanno bisogno di presbiteri con le braccia larghe per far sentire l’amore senza misura del Signore».
Riguardo al verbo rialzare, Monsignor Torriani ha sottolineato che «un prete che rialza è un uomo che crede nella potenza della misericordia», capace di sostenere chi è scoraggiato o chi «ha perso il gusto del Vangelo».
Infine, il camminare richiama all’unità e alla condivisione: «Camminare significa essere in uscita, non vivere di ricordi, non restare fermi nel ‹si è sempre fatto così›. È testimonianza viva del Regno».
Monsignor Torriani ha concluso l’omelia con un appello al rinnovamento sincero delle promesse sacerdotali, sottolineando che la fraternità sacerdotale non deve essere un accessorio, bensì «uno dei fondamenti più profondi» del ministero. Un messaggio forte e chiaro che invita la diocesi di Crotone-Santa Severina a essere una Chiesa che vive con coerenza e slancio la propria missione evangelica.