Cos'è il sensus fidei?


Un insegnamento antico

La dottrina del “senso della fede” è molto antica. Si è formata lungo i secoli, a partire dal mandato di Gesù e dall’esperienza dei cristiani di appartenere a un popolo, la Chiesa, raccolta da Gesù da ogni parte della terra per essere segno e strumento di salvezza mediante la testimonianza evangelica. Per realizzare questa missione, i credenti sperimentano nella fede la continua assistenza dello Spirito Santo, che li guida alla “pienezza della verità”, cioè imparare di volta in volta, ponendosi in umile e coraggioso ascolto dei segni dei tempi, a essere segno di quella vita nuova, risorta, che Gesù ci ha donato con la sua Pasqua.

La Chiesa è un popolo

Il Concilio Vaticano II, nella costituzione dogmatica sulla Chiesa “Lumen gentium” ha fatto leva su questa realtà, insegnando che

Il popolo santo di Dio partecipa pure dell'ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità, e coll'offrire a Dio un sacrificio di lode, cioè frutto di labbra acclamanti al nome suo (cfr. Eb 13,15). La totalità dei fedeli, avendo l'unzione che viene dal Santo, (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando “dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici” mostra l'universale suo consenso in cose di fede e di morale. E invero, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e sotto la guida del sacro magistero, il quale permette, se gli si obbedisce fedelmente, di ricevere non più una parola umana, ma veramente la parola di Dio (cfr. 1 Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce indefettibilmente alla fede trasmessa ai santi una volta per tutte (cfr. Gdc 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica nella vita» (LG 12).

La forza di questo testo sta nel fatto di essere collocata in un punto particolare del documento che lo contiene. I padri conciliari, infatti, parlano del “sensus fidei” nel contesto della presentazione della Chiesa come popolo Dio.

Il Concilio ha ricordato ai cristiani che la Chiesa è un popolo: prima di ogni possibile distinzione di ruolo, compito, struttura, la Chiesa è fatta di battezzati, cioè di persone che hanno ricevuto in dono la vita nuova di Gesù e sono chiamati a viverne la forza rinnovatrice nella rete di relazioni che questo dono suscita. Ogni distinzione ha come suo scopo la realizzazione della missione della Chiesa, che è la testimonianza del Vangelo di Gesù. Soprattutto, ogni distinzione è da leggere in un’ottica di servizio, non di “promozione”, di “carriera”, di “scalata”.

Certo, questo popolo è strutturato, perché ogni realtà non può che essere strutturata. La strutturazione della Chiesa, però, per essere fedele al mandato di Gesù, deve essere orientata alla missione e assomigliare il più possibile a quella visione della vita, del mondo, di Dio, che Gesù ci ha mostrato con i suoi gesti e ci ha insegnato con le sue parole.

Ecco perché, in ogni epoca, la Chiesa è chiamata a ri-formarsi, cioè a lasciarsi nuovamente dare la forma del Vangelo nel concreto momento storico che vive.

Il senso della fede

Il Concilio ha insegnato che il popolo di Dio, quando si esprime come popolo di Dio, quando cerca insieme la volontà di Dio, quando vive, dunque, la sua natura di popolo in cammino e si dispone all’ascolto sincero di Dio che ci parla nei fatti della vita interpretati alla luce del Vangelo, gode di una particolare assistenza dello Spirito Santo, che le insegna come vivere e realizzare la sua missione: dare testimonianza di Gesù.

Si tratta di un “istinto” che tutti i credenti hanno ricevuto in dono. Non è una qualità magica: deve essere esercitata per essere efficace. Anche i nostri sensi fisici, se non esercitati, perdono vigore.

Quando tutti i credenti, insieme, esercitano questo senso per la verità del Vangelo, si può realizzare il “consenso dei fedeli” che è un criterio sicuro per capire se la Chiesa si sta muovendo nella giusta direzione e sta davvero realizzando la missione che ha ricevuto, oppure se si è allontanata da ciò che Gesù ha insegnato.

Riprendendo questa dottrina, il Concilio ha contribuito a farci capire meglio che tutti i credenti sono responsabili in eguale misura di questa missione, che tutti i battezzati in Cristo partecipano del suo essere sacerdote, re e profeta. La rigida distinzione tra una gerarchia di consacrati che ha il compito di insegnare e l’insieme dei fedeli laici che ha il dovere di imparare, non corrisponde alla natura profonda della Chiesa-popolo di Dio.

Sensus fidei e sinodalità: per vivere la gioia del Vangelo

Nella Bibbia non troviamo la parola “sinodo” o “sinodalità”. Però il fondamento della sinodalità è ben attestato dalle Scritture. Quel “camminare insieme come popolo di Dio” è una chiave di lettura necessaria per poter comprendere in profondità quel che accade nella “storia di salvezza”, cioè come Dio si è comportato nei confronti delle persone quando le incontra e interpella.

Papa Francesco ci ha aiutato fin dall’inizio del suo pontificato a riscoprire questo legame profondo tra l’essere popolo della Chiesa e il sensus fidei dell’insieme dei battezzati. In "Evangelii gaudium" il Papa scriveva:

In tutti i battezzati, dal primo all'ultimo, opera la forza santificatrice dello Spirito che spinge ad evangelizzare. Il Popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile "in credendo". Questo significa che quando crede non si sbaglia, anche se non trova parole per esprimere la sua fede. Lo Spirito lo guida nella verità e lo conduce alla salvezza. Come parte del suo mistero d'amore verso l'umanità, Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto della fede - il sensus fidei - che li aiuta a discernere ciò che viene realmente da Dio. La presenza dello Spirito concede ai cristiani una certa connaturalità con le realtà divine e una saggezza che permette loro di coglierle intuitivamente, benché non dispongano degli strumenti adeguati per esprimerle con precisione (EV 119).

Tutto il popolo di Dio è soggetto della missione di annunciare il Vangelo, costituito da Dio in Gesù per questa missione. La Chiesa svolge questo suo compito in favore di tutta l’umanità e di ogni essere umano, quando si fa

luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo (EV 113).

Per poter essere questo, la Chiesa deve assecondare quel movimento di immersione nella vita e nella storia che ha raggiunto il suo culmine della persona di Gesù, il Verbo incarnato, Dio che si è fatto uno di noi per stare con noi per sempre e per far risplendere la nostra umanità alla luce dell’umanità di Gesù.

Troviamo qui quella chiamata all’ascolto, che è dunque un cammino d’incontro e accoglienza, di incarnazione, a cui i cristiani sono chiamati. Ecco il sinodo come “ascolto”. Non si tratta di un sondaggio o di una strategia di marketing. Si tratta, invece, di una radicale disponibilità alla relazione, a far entrare l’altro nell’orizzonte della propria vita e dei propri interessi.

Questo è il quadro di riferimento del sensus fidei che il magistero di Francesco ci consegna:l’evangelizzazione. Possiamo essere discepoli missionari, rispondendo così alla nostra v ocazione alla gioia del vangelo, soltanto riscoprendo continuamente la natura di popolo pellegrino lungo i sentieri della storia che caratterizza la chiesa.